Jackson prima di morire: "Amo il palco ma non ho più le forze"
In questi giorni in Italia per partecipare alll’Ischia Film and Music Global Fest come ospite d’onore, il coreografo Kenny Ortega ricorda ancora una volta Michael Jackson, scomparso ormai due anni fa.
Michael era un genio assoluto, un miracolo della musicalità e del movimento, aveva una comprensione della performance così sofisticata da porlo su un livello superiore, un grande del nostro tempo impossibile da paragonarsi. E non saprei dire se è un limite o una virtù, in quel corpo albergava anche una grande umanità. Pochi lo dicono ma lui era profondamente buono, timido e insicuro. Una caratteristica che lo portava anche emotivamente ad entrare in simbiosi con il pubblico. Vedere tutto questo come suo collaboratore creativo è stato incredibile. Quando decise di tornare sulle scene era preoccupato ma determinato. Io stavo facendo altro, lui mi chiamò e con quel suo fare delicato mi chiese di seguirlo. Lo feci, come al solito, piantando in asso tutto il resto. Ci conoscevamo e lavoravamo insieme da Dangerous , uscito nel 1991. Lo raggiunsi in casa, gli occhi scintillavano ma era smunto, sembrava gracilissimo. Da visionario quale era si mise a raccontare quello che voleva per la sua rentrée, ci teneva a dirmi che lo spettacolo doveva portare gioia. Ma poi si rabbuiò, non era più certo che sarebbe riuscito a fare ciò che voleva. Mi ha detto all’improvviso: “Vedo tutti i dettagli ma non mi sento pronto”.
Che Jackson sentisse la fine ormai vicina? Difficile stabilirlo con certezza. Per il coreografo:
Forse. Ma io preferisco ricordarlo grande uomo d’affari. Michael non sbagliava un affare. Pensi che acquistava sempre i diritti delle canzoni che interpretava. Conosceva la musica come nessun altro e quando viaggiavamo insieme, era capace di cantarti per tutto il viaggio le canzoni di Aretha Franklin, tutte a memoria le sapeva.
Ci manchi Re del Pop.
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